Manager interculturali

Riccardo - neo CEO presso una multinazionale europea in un paese del Sudest Asiatico - ha dovuto gestire una delle riunioni più complesse dal suo insediamento nella consociata. Si trattava di una riunione trimestrale e doveva comunicare ai suoi diretti collaboratori, principalmente funzionari locali, che i risultati dell’azienda non erano in linea con le attese.

Si era sotto piano e considerando le proiezioni, sembrava molto difficile poter fare un recupero in breve tempo. Riccardo era particolarmente scoraggiato dalla mancanza di iniziativa e propositività del suo primo livello: il gruppo chiedeva direttamente il suo intervento e suggerimento su tutto, senza mai prendere apertamente una posizione. Iniziò la riunione chiedendo un loro contributo, facendo un brainstorming: nessuna risposta. Quindi decise di fare delle domande dirette a ciascuno, ma così facendo le persone rimasero confuse dalla sua richiesta e manifestarono un disagio ancora peggiore, avviando così una carrellata di scuse. Riccardo decise di concludere la riunione per rivedersi dopo 5 giorni,  lasciando il compito a tutti di tornare con l’analisi completa delle loro Unità e l’identificazione di azioni per correggere le sorti dell’azienda.

Riccardo non era contento. “Non è possibile andare avanti con questo team di persone dove nessuno si comporta come un leader!” si confidò con un suo amico, un altro CEO già ‘navigato’ nel paese. Aggiungendo “Ho seguito qualche corso sulle differenze culturali, lo sai, ma secondo me non è quello il problema: un leader è un leader ovunque al mondo”.

La situazione vissuta da Riccardo apre un tema molto interessante che è stato al centro degli studi cross cultural da molti anni. Le caratteristiche del leader efficace sono le stesse in tutto il mondo? Possiamo dire che i profili di management efficace sono uguali, indipendentemente dal paese e dalla cultura nazionale o organizzativa in questione?

La leadership è una caratteristica dinamica. Da una parte ci sono comportamenti che il leader deve usare per guidare gli altri e, nello stesso tempo, ci sono comportamenti che gli altri (che chiamiamo followers, perché sono coloro che seguono colui che guida) riconoscono nel leader per assecondare le sue richieste.

Cosa succede quando leader e follower provengono da culture differenti?   La domanda è stata studiata in diversi forum. Negli anni ‘80 del secolo scorso André Laurent, allora professore di Comportamento Organizzativo presso una importante business school europea, realizzò alcune ricerche che coinvolgevano manager di diversi paesi, per conoscere fino a che punto le loro convinzioni e i loro atteggiamenti verso la gestione del proprio ruolo potevano essere in qualche modo ricondotti alle esperienze che avevano avuto nei loro paesi d’origine.

La sua ricerca evidenziò che i manager che venivano dello stesso paese avevano una comprensione simile del processo di management, indipendentemente dal settore ed industria di appartenenza. Una delle principali conclusioni dello studio indicava che la cultura nazionale rimaneva ‘dominante’ all’interno delle organizzazioni e non si poteva parlare di leadership culture-free.

Un altro studio importante è l’ormai emblematico progetto GLOBE del 2008. Lo studio Global Leadership and Organizational Behavior Effectiveness (Leadership Globale e Comportamento Organizzativo Efficace) ha cercato di dare una nuova lettura alla definizione di leadership in contesti interculturali, esaminando più di 60 paesi e usufruendo di un massiccio supporto statistico. La tesi di fondo identifica delle differenze percepite e attese quando si parla di leaders  e followers in contesti diversi.

Secondo lo studio alcuni comportamenti della leadership sono percepiti come fondamentali ovunque al mondo mentre invece ci sono alcuni comportamenti la cui percezione è più rilevante o significativa (e fino ad un certo punto attesa) in alcune regioni del mondo.
Tra i tratti universali vengono indicati comportamenti di leadership carismatica o basata su valori, intesa come la passione che un leader trasmette attorno a valori fondanti o la trasmissione di una visione che ‘energizza’ gli altri. Un altro aspetto universale sembra essere la leadership orientata al team, dove il leader riesce ad instillare la sicurezza di collaborare in un gruppo verso uno scopo comune, agendo come integratore ritenuto competente nel far accadere le cose.

Oltre a questi stili universali GLOBE propone quattro stili di leadership che possono essere percepiti come più o meno rilevanti in alcune regioni del mondo.

La leadership partecipativa, intesa come lo stile di gestione che stimola agli altri ad avere un loro punto di vista nella presa di decisioni, sottolinea l’importanza della delega e dell’uguaglianza tra le persone, è secondo GLOBE un tratto significativo tra le culture anglosassoni.
La leadership umanitaria invece, rappresentata da uno stile di gestione focalizzato al benessere delle persone, dove il leader è un supporto per gli altri, premuroso, compassionevole e generoso, è una caratteristica vicina alle culture subsahariane e in alcuni paesi asiatici.
La leadership auto-protettiva rappresenta invece situazioni dove il leader rimarca comportamenti volti a proteggere sé stesso e il suo gruppo, facendo leva sulle differenze di status e usando procedure per garantire gli sforzi di tutti; questo stile di leadership è considerato come più significativo in varie regioni dell’Asia.
Infine si parla di uno stile di leadership autonomo, uno dei più discussi nello studio per la sua ambivalenza, che si manifesta così: un approccio alla gestione percepito nelle sue manifestazione più estreme come auto riferito, indipendente, individualistico e che secondo alcuni risultati si manifesta più frequentemente nelle regioni dell’Est Europa.

Con tutte le cautele del caso, possiamo concludere che GLOBE propone un suggerimento importante, che ci ricorda non solo che la leadership efficace è situazionale, ma che è anche profondamente influenzata dalle norme culturali e organizzative che sono alla base delle attese di coloro che saranno guidati.

La base di un coaching cross-culturale deve comprendere l’impatto che i propri comportamenti avranno nelle persone da gestire. In campi internazionali l’efficacia di un manager dipende anche dalla sua comprensione di indizi culturali e l’analisi di questi devono essere alla base di un percorso di coaching per i futuri leader internazionali.

Riccardo, il protagonista della storia, avrebbe dovuto capire che il ruolo atteso dal suo team era sì che fosse carismatico e indirizzato al lavoro in gruppo, ma senza dimenticare che ci si aspettava il suo supporto e la sua guida, poiché era visto come colui che decide e non poteva ‘perdere la faccia’ davanti ai suoi interlocutori. Probabilmente le idee e i contributi che lui si aspettava dai suoi collaboratori avrebbe dovuto chiederli in un altro modo!

 

Riferimenti

- il presente articolo è stato in precedenza pubblicato su http://www.coachingzone.it/ - persone e metodologie per lo sviluppo delle competenze, per gentile concessione.

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